NEW/ FA24 : LA CITTÀ DEMOCRATICA DI FRANCO SUMMA: DALL’ARTE NEL SOCIALE ALLA PORTA DEL MARE
L’idea di una città “democratica” ha radici profonde e chiare che hanno la loro origine operativa e concreta alla fine degli anni Sessanta: l’architetto Riccardo Dalisi, già nel 1967 aveva pensato che la città “reale” (“un’apparente continua contraddizione alla concezione di architettura”) fosse il punto di partenza obbligato di ogni progetto: il “contesto” del progetto andava inteso nel senso più ampio possibile a dimensione degli spazi e delle relazioni tra la gente che li abitano: migliorando e cambiando la condizione degli abitanti nella città reale, diventava possibile sviluppare i cambiamenti della città fisica. Ugo La Pietra, tra il 1970 e il 1971 proponeva la strategia degli interventi “disequilibranti” negli spazi urbani degradati per porre in luce le contraddizioni “umane” esistenti nelle necessità funzionali dell’architettura urbana. Le sue “azioni” ed interventi, contraddicendo logiche prospettiche e punti di osservazione, permettevano di ritrovare un ambito decisionale autonomo e le possibilità di partecipazione consapevole dell’artista e del cittadino all’ambiente sociale. Alla questione mancava ancora un approccio e una riflessione di tipo estetico: tra il 1970 e il 1971 Franco Summa, iniziò a teorizzare e a proporre un recupero della coscienza sociale e della partecipazione civile alla città intervenendo negli spazi della vita quotidiana con azioni collettive e partecipative di forte impatto estetico e relazionale. Le tre esperienze vennero immediatamente e pienamente riconosciute da Enrico Crispolti nella Biennale del 1976: lo studioso identificò i processi operativi fondamentali e le forme fluide, imprendibili e rivoluzionarie di una nuova idea di arte e architettura urbana: se Dalisi e La Pietra fondavano i criteri concettuali, progettuali e operativi, Franco Summa pensò e sperimentò nell’azione pratica, nuove soluzioni e possibilità estetiche e “partecipative”. La riflessione storico critica ci dice oggi che, se tali esperienze fossero state al tempo pienamente comprese, probabilmente avrebbero potuto cambiare radicalmente il senso del rapporto tra artista, città e comunità civile, tuttavia anche se ciò non è accaduto, esse cambiarono e potenzialmente possono ancora cambiare profondamente il concetto stesso di Arte Pubblica e di Arte Relazionale come oggi vengono intese. DAL 04 AL 19 OTTOBRE 2024 Sala C. Ricciuti Ordine degli Architetti PPC – Chieti, Corso Marrucino, 76 OrariLun 10:00 – 13:00Mar 10:00 – 13:00 / 16:00 – 18:00Mer 10:00 – 13:00Gio 10:00 – 13:00 / 16:00 – 18:00Ven 10:00 – 13:00 / 17:00 – 20:00Sab 17:00 – 20:00